LO STATO DELL’ESAME DI STATO

Una delle funzioni che la scuola del futuro chiederà ai nuovi operatori sarà quella di diventare protagonisti della formazione a 360°. La scuola generalista ed omologatrice degli anni che furono ha ormai lasciato il posto a una nuova realtà meno bloccata in schemi e rigide programmazioni. Sappiamo che alcune rigidità rimangono perché determinate dalle stesse persone che hanno maturato la loro esperienza professionale in un epoca che potremmo ormai definire altra. Il cambiamento richiede fatica e massimo impegno. Rimangono alcuni scogli da frantumare: abbiamo le linee guida e non più i programmi ministeriali ma rimane l’ostacolo esame di Stato che “vincola” tutti a determinati obiettivi.

Se l’esame di Stato ha come fine l’analisi e la verifica della preparazione di ciascun candidato in relazione agli obiettivi generali e specifici propri di ciascun indirizzo di studi allora il nostro obiettivo non può che essere quello di restituire prestigio e credibilità all’esame come strumento per la costruzione di una consapevole progettualità individuale recuperando la tradizione che un tempo apparteneva anche ad altre categorie di lavoratori (geometri, ragionieri, maestre) nell’epoca nella quale il diploma di scuola superiore era il massimo titolo raggiungibile. Di fatto, per il nostro settore, il diploma è ancora il titolo di studio superiore di un tempo perché non esistono ulteriori sviluppi di carattere universitario.

Per i discenti l’esame è un momento di tensione e di impegno ben preciso. La tensione è l’impegno possono essere accentuate mirando le tematiche di carattere professionale con risvolti direttamente collegati alla scelta professionale di qualifica già effettuata all’inizio del terzo di corso. In altre parole un ragazzo che ha scelto cucina dovrebbe sentirsi particolarmente attratto dalle tematiche connesse alla sua scelta e appassionarsi ad esse lasciandosi coinvolgere maggiomente.

Punto di forza dell’esame è quello di avere tratti interdisciplinari; il discente è quindi costretto a giocare tutte le abilità e le competenze acquistite negli anni.

Ritengo sia giunto il momento di introdurre l’esame pratico nelle prove di maturità, non tanto e non solo riproponendo vecchi modelli di esame a gruppi o singoli per la presentazione di collaudate ricette, ma quanto, per spingere i ragazzi in modo deciso e definitivo verso lo sviluppo della loro idea di ristorazione e gastronomia. Si tratta quindi di adottare tipologie di terza prova che evidenzino la centralità, fra le prove d’esame, di un caso pratico e progettuale con caratteristiche interdisciplinari e la conseguente prova pratica per la realizzazione del progetto o di parte dello stesso.

Per superare i veti incrociati al cambiamento dobbiamo superare la barriera culturale di obsoleti schemi mentali legati alla cultura del passato. Un buon esercizio per ogni docente è lo sviluppo del materiale necessario alla propria didattica. Lo sviluppo della letteratura conseguente permette di applicare tutte le metodologie didattiche e le modalità di lavoro.

Fare buona scuola è quindi sviluppare ogni giorno materiali e contenuti adeguando strumenti e linguaggio agli allievi che oggi ci troviamo dinnanzi con l’obiettivo di trasmettere la “sapienza delle mani”.

Fare buona scuola è trasmettere l’arte di fare le cose, l’arte di arrivare al risultato puntando in alto e rinunciando al “fare per fare”. Dobbiamo puntare a fare bene, rielaborando in continuità una didattica laboratoriale che punti a fare bene e a pensare ciò che si fa, rimarcando la differenza fra lavoro e lavoretto scolastico. Lasciamo i lavoretti ai simpatici bimbi che plasmano il loro pensiero per la propria mamma e concentriamoci per far emergere tutte le abilità nascoste per la piena realizzazione della personalità dell’allievo in una serie interminabile di “stop and go”. Solo in questo modo gli allievi potranno pienamente sviluppare la loro personalità giungendo al completo sviluppo e alla piena affermazione delle proprie capacità. L’obiettivo non è addestrare scimmie che ripetano gesti e sequenze più o meno logiche ma di far crescere, attraverso il lavoro fatto prima a scuola e poi in cucina giovani uomini e giovani donne che realizzino, anche in questo, la loro felicità.

Ipse Dixit – A scuola di futuro, manifesto per una nuova educazione

Daniel Goleman e Peter Senge

“Non abbiamo imparato a camminare o ad andare in bicicletta ascoltando delle lezioni. Per questo occorre rivoluzionare la cultura della scuola”.